Negli ultimi giorni si è registrata una sostanziale stabilità per le commodity, con una precedente debolezza del petrolio, in calo dopo un buon rally al rialzo. Il segnale di ottimismo sulla crescita cinese (PIL a +6,7 per cento nel corso del quarto trimestre dello scorso anno) e la forza del mercato immobiliare stanno invece guidando la corsa dei metalli.
Ad ogni modo, tornando al petrolio, non possiamo che compiere un breve passaggio sul fatto che a livello di scenario, il 2016 si sia chiuso con l’accordo fra produttori OPEC e non-OPEC per ridurre la produzione mondiale ed erodere, attraverso le scorte, il forte surplus mondiale: l’eccesso di offerta è uno degli elementi che condiziona maggiormente lo scenario, e gli operatori puntano a un riequilibrio di medio breve termine. In ogni caso, gli stessi operatori sul petrolio restano concentrati sul rispetto degli accordi presi, considerato che più volte in passato i Membri dell’OPEC non hanno rispettato i tetti di produzione fissati.
Negli anni passati i prezzi erano stati spinti al ribasso (il minimo nel 2014 a 27 dollari al barile) dall’eccesso di produzione, e in particolare dall’immissione sul mercato dello shale-oil USA. Proprio quest’ultimo diventa un tema da tenere sotto osservazione: un rialzo duraturo delle quotazioni petrolifere rende nuovamente competitivo il petrolio di scisto. L’incontro di Vienna del weekend precedente ha confermato come Arabia Saudita, Algeria e Kuwait abbiano già fatto tagli più profondi del previsto mentre la Russia è riuscita a procedere più celermente di quanto stabilito. I produttori hanno già tolto dal mercato circa 1,5 milioni di barili giornalieri.