Secondo quanto afferma l’Istituto nazionale di Statistica nella sua ultima rilevazione, nel nostro Paese le retribuzioni contrattuali sono rimaste ferme durante il mese di settembre, come peraltro era già successo ad agosto e in cinque dei sei mesi precedenti. La variazione annua, ferma allo 0,6 per cento, è inoltre ai minimi storici.
Nel mese le uniche applicazioni previste dai contratti in essere riguardavano edilizia, studi professionali e scuola privata laica (ma non hanno avuto impatto sull’indice generale). Gli unici settori che registrano un aumento tendenziale apprezzabile delle retribuzioni sono commercio (2 per cento); trasporti, servizi postali e attività connesse (1,9 per cento); energia elettrica e gas (1,4 per cento); alimentari bevande e tabacco (1,3 per cento). Sono invece ferme le paghe (oltre che nella PA) nei settori dell’agricoltura, del legno, carta e stampa, della metalmeccanica, dei servizi di informazione e comunicazione e delle telecomunicazioni. Addirittura in calo (-0,5 per cento anno su anno) le retribuzioni nel settore dell’acqua e dei servizi di smaltimento rifiuti.
In prospettiva, in assenza di rinnovi (di cui è in attesa quasi il 70 per cento dei contratti nazionali PA inclusa) le paghe orarie potrebbero toccare nuovi minimi, a 0,5 per cento anno su anno già dal prossimo mese. Inoltre, la prospettiva di risalita, sia pur lenta, dell’inflazione potrebbe intaccare il reddito reale delle famiglie.
Qualche cambiamento potrebbe esservi nel 2017, soprattutto se – come sembra – verranno stanziate delle risorse (ma quanto adeguate?) per poter discutere il rinnovo contrattuale e la conseguente parte economica dei dipendenti pubblici e statali.